Che cosa vedere a Mel

Una bellissima piazza-salotto, molti palazzi signorili. E poi un museo archeologico che racconta una storia lontana...

Veneti, chi erano costoro? Un mistero circonda le origini della gens veneta, ovvero di quelle popolazioni che 3500 anni fa colonizzarono l'attuale Veneto. Tracce del loro passaggio e toponimi veneti sono presenti in Francia, Polonia, Svizzera, Germania, Croazia, Turchia, ma da dove provenissero nessuno può dirlo con certezza, né tanto meno è facile chiarire se si trattasse di una popolazione celta o germanica, indoeuropea o illirica, se non addirittura un popolo a se stante. Arrivavano forse dal Caucaso se non addirittura dalle steppe dell'Asia centrale? Bravi cavalieri com'erano, furono loro a portare in Europa il cavallo? Fra le poche cose certe pare esserci che attorno al 1500 a.C. una parte della gens veneta si insediò tra le Alpi e l'Adriatico, facendo prima di Este e poi di Padova la loro capitale, ed esprimendosi in una lingua particolare, “venetica”, che non somigliava a nessun’altra (ne possediamo alcune iscrizioni risalenti al VI secolo a.C.): era l’antenato della lingua ufficiale della Serenissima, nonché della parlata (dialetto o piuttosto lingua?) con cui tuttora si esprime la maggior parte degli abitanti della regione.

Un luogo dove cercare di raccapezzarsi in questo rebus etnologico e archeologico è Mel, piccolo borgo di nobile aspetto che sorge compatto sulla Sinistra Piave, a metà strada fra Belluno e Feltre (e che dal 30 gennaio 2019 è anche la sede centrale del nuovo Comune sparso di Borgo Valbelluna, nato in seguito alla fusione degli ex comuni di Trichiana, Mel e Lentiai). Assai prima di assumere l’attuale aspetto medievale e rinascimentale, Mel infatti ebbe origine proprio come insediamento paleoveneto, come intuì in particolare Giovanni Battista Frescura, l'autodidatta che per le sue scoperte fu definito “Schliemann del Cadore”. Fra il 1958 e il 1964, appena fuori dell'abitato attuale, venne alla luce un’importante necropoli utilizzata dagli antichi Veneti fra l’VIII e il V secolo a.C., con circa 80 tombe a cassetta in pietra, disposte in modo irregolare, oltre a sette recinti circolari (in parte tuttora visibili) pensati per proteggere i tumuli: formati da lastre di arenaria infisse nel terreno, avevano un ingresso costituito da lastre verticali e da una soglia. Dal 1996 i corredi tombali della necropoli di Mel (ossuari fittili e bronzei, oggetti di uso quotidiano riferibili alle attività svolte in vita come coltelli, punteruoli, fusaiole, aghi per la filatura e vasellame, oggetti di ornamento personale come anelli, armille, spilloni, cinture con ganci decorati, fibule di particolare rilevanza: ad arco costolato, ribassato a sezione circolare e quadrangolare, a navicella, a drago con cornetti, a sanguisuga, ad arco figurato) sono esposti in 25 bacheche di cristallo nel Museo Civico Archeologico di Mel, che ha sede nel secentesco Palazzo delle Contesse, in Piazza Luciani. Vi si possono ammirare anche gli oggetti trovati nel 1995 e nel 2000 durante le campagne di scavo di un altro insediamento in località Ciopa, a sud del rilievo collinare su cui sorge l’attuale abitato di Mel: vasi in ceramica (olle, boccali, opali, ecc.), un forchettone da fuoco in ferro, frammenti di macina in pietra lavica e altri reperti.



Tutto ciò per dire dell’antichissima origine di Mel, l’unica località della media Val Belluna ad avere avuto una certa consistenza urbana grazie alla sua posizione favorevole. Dopo i Paleoveneti, lo avevano capito anche i Galli e anche i Romani, che quel colle tondeggiante nei pressi del corso del Piave ben si prestava a un insediamento. La sua massima importanza fu raggiunta però nel Medioevo, quando vi fu trasferita la sede della contea di Zumelle. Il prestigio maturato in quei secoli è evidente quando si sbuca in quel salotto urbano che è Piazza Papa Luciani, cinta da edifici signorili sorti sul perimetro delle antiche mura urbane. A ovest figura il palazzetto Barbuio-Gaio, oggi Villa Francescon, con un corpo centrale di origine trecentesca e resti di danneggiati affreschi cinquecenteschi con scene di battaglia attribuite al pittore Pomponio Amalteo. Accanto si trova il Palazzo delle Contesse, di proprietà comunale e sede del Museo civico archeologico, oltre che cuore di una fiorente attività culturale cittadina che spazia dalle mostre d'arte ai concerti, dalla fotografia ai cori polifonici (Mel è molto nota nel mondo musicale per la sua Corale Zumellese, fondata nel 1971 e il cui repertorio spazia dalla polifonia antica al canto popolare, nonché per la prestigiosa Rassegna internazionale di canto corale che viene organizzata ogni estate). Il Palazzo delle Contesse si chiamerebbe in realtà Palazzo Del Zotto, dal nome dell'antico proprietario Adriano Del Zotto che rimasto vedovo della contessa Elisabetta Papadopuli sposò un'altra contessa, Elisabetta Tiepolo, veneziana come la prima moglie: per questo gli abitanti di Mel hanno preso a definire la sua dimora “Palazzo delle Contesse”. Il palazzo presenta sulla facciata una grande trifora incorniciata da due archi in pietra e sul tetto una vistosa serie di camini tronco-conici e ornati di feritoie in pietra. Notevole il suo piano nobile, il cui soffitto fu affrescato nel '700 dal pittore bellunese Antonio De Bettio (La vittoria dell'Aurora sulla Notte).



Di belle forme cinquecentesche è anche il palazzo della Magnifica Comunità di Zumelle, oggi sede del Municipio, che esibisce esternamente un ampio loggiato a colonne, sovrastato da un’ampia “pentafora” e da una torretta con un grande orologio del 1520 il cui quadrante fu dipinto dal pittore Giovanni da Mel (proviene dal campanile della chiesa parrocchiale che fu distrutto del 1756 dall’incendio causato da un fulmine). Al piano nobile interno si segnalano gli affreschi con cui Marco da Mel, fratello di Giovanni, raffigurò alcuni episodi del IV e del XXXIII canto dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto (1545-50). Il lato meridionale della piazza è occupato dall’Antica Locanda Cappello, attiva già nel Settecento anche se l'edificio attuale si presenta in forme ottocentesche. Sul lato orientale, la secentesca casa Fulcis-Zadra è unita da un grande portone architravato alla lunga facciata del Palazzo Fulcis-Guarnieri, dalla notevole corte interna porticata.

Infine, sul lato settentrionale, si staglia la “nuova” chiesa parrocchiale di Santa Maria Annunciata, di metà Settecento, già nel 1756 privata del campanile per via dell'incendio anzidetto. Al suo interno si trovano affreschi di Giovanni De Min e tele di Giovanni da Mel, Pietro Marescalchi e Antonio Bettio. “Nuova” in quanto assai più antica è la vicinissima chiesa dell’Addolorata: risale al Quattrocento e custodisce un tabernacolo in pietra del 1465 e un fonte battesimale del 1481, entrambi provenienti da un distrutto battistero, oltre che una “Pietà” di scuola tedesca del ’400 all’altare maggiore. Altri palazzi importanti sorgono poi attorno o nei pressi di piazza Luciani. Come il grandioso Palazzo Carrera, subito dietro il Municipio, e il Palazzo Dal Zotto-Migliorini, entrambi settecenteschi, o come il secentesco Palazzo Pivetta-Stefani.

Testo di Roberto Copello; per le foto, Comune, Wikipedia Commons, infodolomiti (reperto archeologico)

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